La metamorfosi crea sempre stupore. Non parlo del brutto anatroccolo che diventa cigno o del bruco che diventa farfalla. È piuttosto quella di un bambino che non vedi per un po’, e poi te lo ritrovi adolescente. Lo consideri radicalmente cambiato, un’altra persona; eppure, nel suo viso infantile c’erano tutti i germi di quello che sarebbe diventato. La curva delle sopracciglia, il sorriso, il ciuffo ribelle sono proprio gli stessi, a testimoniare che il futuro era già tutto in nuce.
È questo il tipo di meraviglia generata in me dall’evoluzione della Corale Nazariana: da piccolo complesso di dilettanti a nutrita compagine di semiprofessionisti, in grado di dar vita ad iniziative alle quali molti musicisti di professione sono felici di partecipare.
Primo motore del cambiamento è stato il suo direttore e animatore, Lucio Nardi. Sono un suo vecchio amico, dai tempi di Napoli. Conosco bene le sue passioni – il teatro, la musica – frequentate ad alto livello, ancorché non professionalmente. Apprezzo le sue qualità, prime fra le quali, l’entusiasmo e la determinazione con i quali persegue i suoi progetti. È letteralmente inarrestabile. La piacevolezza del suo carattere, però, fa sì che questa sua implacabilità non venga percepita mai come voglia di imporsi. Accade tutto nella maniera più semplice, spontanea. E alla fine, le cose vanno esattamente come lui aveva in mente.
Ho sperimentato più volte questa sua capacità, che spesso ha messo anche a mia disposizione, rivelandosi sempre di grande aiuto. Perché l’altra sua dote è quella di saper ascoltare. Essendo un buon ascoltatore, è anche in grado di calarsi nei panni degli altri, di compatire, nel senso etimologico della parola: provare gli stessi sentimenti dell’interlocutore, mettersi in consonanza con lui.
Per questo gli è riuscita l’impresa impossibile di mettere insieme tante persone per così tanto tempo attorno a un progetto, superando momenti di stanchezza e ostacoli di ogni genere, fino a giungere al non trascurabile traguardo di inaugurare nel 2003 l’Anno Giudiziario di Milano con un suo concerto.
Certo, non è stato solo merito suo. Questo successo deve considerarsi ugualmente figlio di tutto il coro.
I suoi componenti, professionisti di ogni campo che, mettendo da parte i loro impegni di lavoro e di famiglia, riescono a dedicarsi in maniera così entusiastica ad un’attività parallela, generano in me un’invidiosa meraviglia. Se poi quest’attività è un’arte impegnativa come la musica, e il livello d’eccellenza raggiunto rasenta quello dei cori professionisti, lo stupore cede il passo all’ammirazione più sincera.
Proprio per questa, ho accettato di buon grado l’invito ad assisterli nella scrittura della loro storia, a quindici anni dalla fondazione della Corale.
Ancora oggi ricordo le prime prove, di sera, in chiesa. Un numero di coristi molto più ristretto; ma grande concentrazione, grande entusiasmo. E un’atmosfera intima, partecipe. Forse il segreto del loro successo sta semplicemente nel piacere di far musica. Auguro a tutti di provarlo insieme il più a lungo possibile.